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Le disuguaglianze uomo/donna nella vita di tutti i giorni seconda parte

Donne fuori dall’angolo è un podcast realizzato all’interno del progetto

Donne fuori dall’angolo 2 sostenuto da RER, assessorato Pari Opportunità 2021/2022

Le disuguaglianze uomo/donna nella vita di tutti i giorni, podcast realizzato nell’ambito del progetto Riconnessioni DGR 1826 con i ragazzi e le ragazze partecipanti al laboratorio “Faccio inchiesta su podcast” presso la Scuola Secondaria di I Grado Gandino dell’I.C. 17 di Bologna
In onda la 2° parte sabato 30 luglio ore 8:30 e in streaming su www.radiocittafujiko.it
Il podcast delle due parti dell’inchiesta sarà disponibile dal giorno seguente la messa in onda su www.mediaalloscoperto.it/audiohttps:

Donne fuori dall’angolo 2

Progetto di rete che promuove l’empowerment delle donne per un nuovo equilibrio di genere a cura di Associazione Culturale Youkali APS – sostenuto da Regione Emilia Romagna Assessorato pari Opportunità.  Partner COSPE e FUCINA XXI.

Donne fuori dall’angolo è  un progetto gDonne fuori dall’angolo 2unto alla sua seconda edizione che mira a favorire un cambiamento in positivo della realtà socio culturale cittadina, aumentando la sensibilità rispetto alla parità di genere utilizzando il potere della narrazione in tutte le sue forme nonché dei diversi media, incoraggiando la presa di coscienza della possibilità dell’autodeterminazione nelle ragazze e delle donne in accordo con l’obiettivo 5 dell’agenda 2030.

Donne fuori dall’angolo 2 si è avviato ad agosto 2021 con la rassegna teatrale “Feminologica 4” a Villa Spada, rassegna di teatro civile al femminile che ha portato in scena spettacoli scritti, diretti e interpretati da donne che hanno messo al centro la storia delle donne.

Il progetto prosegue ora lavorando in particolare su una  platea di destinatari/e , intese come gruppi/classi di bambini e bambini e bambine tra 4- 5 anni, bambini/e tra 6- 10 anni  e ragazzi e ragazze tra 11- 17 anni che saranno coinvolti in laboratori centrati sullo scardinamento degli stereotipi di genere e a contrasto dell’hate speach in particolare sui social analizzando specificamente gli attacchi sul corpo femminile e l’insorgere degli stereotipo e discriminazioni di genere nella fascia di età degli adolescenti con un lavoro parallelo di formazione diretto agli adolescenti e agli adulti di riferimento (genitori, insegnanti etc).

Se il lavoro con i gruppi di 4/5 anni utilizzerà come strumento le narrazioni fiabesche, con le scuole primarie si utilizzerà lo strumento del teatro in particolare, con le scuole secondarie di I e II grado utilizzeremo gli strumenti della radio e del video per creare delle campagne sociali rivolte ai loro coetanei per sensibilizzarli su uno dei temi che il gruppo classe sceglierà tra quelli affrontati in classe.  Fin dai precedenti progetti “Portiamo a scuola la comunicazione di genere Youkali ha inteso portare a scuola una formazione sull’ uso dei mezzi di comunicazione di massa (web, radio, video, blog), per creare campagne sociali, antidiscriminatorie, che promuovano la parità uomo- donna, tra le diverse culture, religioni, condizioni sociali e personali, campagne che fossero poi dirette verso i loro pari (disseminazione dei risultati del progetto), agendo in ultima analisi per il bene comune usando il potere della narrazione, del teatro e anche usando i beni comuni digitali a vantaggio di tutta la comunità.

L’obiettivo comune di tutti i laboratori è quello di far acquisire a bambini/e e ragazzi/e una cultura del rispetto dell’altro da sé e della non violenza nelle relazioni interpersonali, prevenendo il formarsi in giovanissima età, degli stereotipi in particolare di genere.

Coinvolgeremo nel progetto anche genitori e docenti con l’azione del Family Cafè: incontri on line per allineare le famiglie al lavoro con le classi di scardinamento degli stereotipi di genere. Speriamo di riuscire ad attivare il coinvolgimento delle famiglie dei/delle beneficiari/e per loro tramite, rispetto a tematiche di genere diffondendo un linguaggio comune onde condividere le parole con cui si interpreta il fenomeno della violenza di genere e delle disuguaglianze in particolare tra uomo e donna.

Il pubblico  generalista adulto sarà coinvolto attraverso una trasmissione radiofonica e relativo podcast “Donne fuori dall’angolo” anche questo alla seconda edizione. La trasmissione va in onda una vola al mese su Radio Città Fujiko il sabato mattina alle 8:30 l’ultimo sabato del mese per 15 puntate da 27 minuti circa. Il podcast è reperibile sul sito mediaalloscoperto.it   

Tra agosto e settembre 2022 si svolgerà poi la 5° edizione della rassegna teatrale Feminologica sempre nell’anfiteatro di Villa Spada

Per informazioni sui laboratori, sul podcast Donne fuori dall’angolo o su Feminologica 5- info@youkali.it

 

Educazione al genere tra realtà e possibilità

E’ disponibile la sesta puntata del format “Donne fuori dall’angolo” realizzato da Associazione Culturale Youkali gruppo “Media allo scoperto” in collaborazione con Radio Città Fujiko .

in questa puntata abbiamo affrontato il tema dell’educazione al genere e alle differenze con realtà del terzo settore e docenti che lavorano su percorsi di formazione in diversi ordini di scuole.

Ascolta il podcast

Donne fuori dall’angolo 6° puntata “Educazione al genere tra realtà e possibilità”

La III A della Secondaria di I grado di Grizzana ragiona sugli stereotipi e sul bullismo

Guarda i video realizzati dalla  Classe III A della Scuola Don Milani di Grizzana Morandi.

Nell’autunno 2018 le allieve e gli allievi della III della Scuola Secondaria di I grado Don Milani di Grizzana Morandi, hanno partecipato al laboratorio “Diverso da chi?” all’interno del progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di genere 2018“. curato dalle socie di Associazione Youkali APS Valeria Porretta, Ruben Lazzerini e Giuliana Giordano.

Il gruppo classe ha realizzato un video spot contro il bullismo insieme alle socie e soci di Youkali Valeria Porretta, Ruben Lazerini e Giuliana Giordano.

 

Docenti, ragazzi e ragazze, formatrici e formatori hanno ragionato insieme anche sugli stereotipi di genere partendo dall’analisi delle pubblicità televisive.

In questo video i loro commenti.

 

Nel corso del laboratorio allievi e allieve hanno poi lavorato sullo storytelling creando brevi racconti, che trovate nelle pagine di questo sito, immaginandosi proiettati in un futuro senza stereotipi.

Il sogno di Abdul

Abdul, era un ragazzo che giocava in una squadra di calcio, vicino a casa sua, dove veniva deriso dai compagni a causa della sua provenienza e per il suo modo strano di correre.
Lui non era bravo a giocare a calcio e anche per questo veniva preso in giro. Un giorno decise di impegnarsi così tanto da diventare fortissimo ed usare lo sport come riscatto contro i compagni.
Ogni volta che tornava da allenamento era triste, tutti i suoi compagni lo insultavano ma lui non mollava, ce la metteva tutta per inseguire il suo sogno: giocare a pallone in una grande squadra.
Dopo solo un anno Abdul venne chiamato da una grande club di calcio per il suo impegno e per la sua determinazione.
Non ci poteva credere che solo dopo così poco avesse fatto un cambiamento dalla a alla z, la sua emozione era indescrivibile perché non si aspettava tutto ciò.
I suoi compagni quando vennero a conoscenza che lui avesse fatto un provino al BOCA FICO capirono che era un ragazzo coraggioso, anche se lo avevano già notato da un po’ e gli porsero subito le scuse di tutte le cattiverie che gli avevano fatto, diventando i suoi fan più accaniti. Abdul era contentissimo di giocare in una squadra importante dopo tutto l’impegno che ci aveva messo e per aver fatto pace con i suoi amici.

A cura di Tommaso Gironi, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Discriminazione a tavola

Il giorno del mio compleanno i miei genitori mi hanno portato a mangiare fuori, là abbiamo incontrato i nonni che si sono fermati un po’ di giorni a casa nostra. All’inizio è andato tutto bene, eravamo andati in uno di quei ristoranti dove servono il cibo a buffet, ci siamo alzati un paio di volte perché il cibo era abbastanza buono.
Stavamo mangiando il secondo, quando i signori accanto a noi se ne sono andati e hanno fatto sedere altri uomini, dietro i camerieri però sono arrivati degli uomini di colore che si sono messi a dire che loro erano arrivati prima delle persone che si erano appena sedute, però i camerieri non li ascoltavano, dicendo di aspettare.
Alla fine, arrivati al dolce li hanno fatti sedere in un tavolo in disparte, vicino alla cucina dicendo che era così perché il cibo poteva arrivare prima ma in realtà volevano controllarli meglio.
Alla fine, al momento di pagare il conto, un uomo si è rivolto ai camerieri dicendogli che stavano discriminando quelle persone.

A cura di Gabriele Bendini, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Un racconto di discriminazione

Ho sempre amato leggere. Leggo da quando ho sei anni, e prima di quel momento magnifico in cui ho imparato ad associare quei segni contorti scritti con l’inchiostro – che altro non erano lettere – a dei suoni ben distinti, era mio padre a leggermi tutte le storie che ora conosco. Tutte quelle storie bellissime, che ogni tanto cerco di replicare scribacchiando qualche riga sul quaderno che uso per scrivere i miei testi. Quando mi vede scrivere, con un libro accanto come portafortuna, mamma mi dice sempre che secondo lei io «sono nata con un libro in mano».
Quando leggo, sono felice. Tanto, perché tutti i libri che leggo, tutte quelle parole nero su bianco e quelle storie spettacolari saltate fuori chissà da dove, mi permettono di scappare dai problemi del mondo. E da quelli della scuola. Soprattutto da quelli.
Amo sentire la carta bianca scorrere sotto le dita, non troppo ruvida ma nemmeno del tutto liscia. Hanno un profumo indescrivibile,quelle pagine. Ci sono libri che odorano del legno degli scaffali, della polvere che ne ha accarezzatola rilegatura vecchia e fragile. Quei libri che profumano di sole e salsedine, letti in riva al mare con i e capelli gocciolanti acque. Altri che ricordano l’odore dei mercatini autunnali e le caldarroste, il cui profumo pervade le narici di un familiare calore. Altri ancora che sanno di foglie secche e neve fresca. Tutti profumi che colmano il silenzio della stanza in cui di solito leggo.
Non pensavo però che sarebbero stati proprio i libri a rifilarmi il titolo che ora mi porto sulle spalle, meno utile di un granello di polvere eppure tanto pesante. Non lo sopporto. Per non parlare del ruolo che occupano occhiali e apparecchio in questo gioco per niente piacevole. Tutti, almeno una volta, mi hanno chiamata «quattrocchi dai denti a castoro». Però non è colpa mia se l’ipermetropia si fa sentire ogni giorno sempre di più, in qualunque momento. E poi, i miei denti non sono nemmeno tanto storti. Anzi, è un’imperfezione minima quella che l’apparecchio corregge. A scuola, nessuno vuole mai sedersi accanto a me.
«Stai scherzando? Non voglio diventare come lei».
«Forse in uno dei suoi libri c’era qualche malattia strana e lei se l’è presa».
«E poi non parla mai durante le lezioni, a volte nemmeno a ricreazione; non ti fa mai copiare, è la preferita di tutti i professori… no, io accanto ad un’asociale come lei non ci voglio stare».
È forse un crimine stare attenti a scuola? A che ricordo io, no. Lo dicono sempre tutti che pagherebbero oro pur di prendere una sufficienza, e poi quando gli chiedo se vogliono un aiuto per studiare, le risposte sono sempre le solite.
«No, devo uscire con le mie amiche».
«Stai scherzando? Devo giocare alla play questo pomeriggio, non posso perdere tempo!».
«No, penso che chiederò a mia mamma di farmi saltare scuola».
Insomma, non ho la peste. E nemmeno i libri ce l’hanno! Finché però la situazione si limita a questo, la cosa non mi tocca poi così tanto. Ci resto male, sì, perché è ovvio che nessuno mi voglia.

A cura di Ludovica Scarpello, alunna della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Storia di Aziz

Era un giorno come gli altri a scuola.
Ad un certo punto entrò in classe un nuovo studente,veniva dall’ Africa e il suo nome era Aziz.
A ricreazione parlai con lui e mi raccontò del suo paese e delle sue passioni.
Disse che il suo sport preferito era il Basket e che gli sarebbe piaciuto diventare un professionista.Il giorno dopo a lezione di ginnastica giocammo a Basket. Alcuni nostri compagni lo presero in giro e spingendolo sempre in terra quando ne avevano l’occasione, dicendogli che era troppo scarso per giocare e di tornare al proprio Paese.
Alla fine dell’anno Aziz era diventato molto bravo ed era entrato in una squadra competitiva e quando incontrò,in una partita importante, i compagni che lo avevano deriso, li batté facendogli capire di non prenderlo più in giro perché era più forte di loro.
Aziz riuscì a realizzare il suo sogno e diventò un professionista.

A cura di Mattia Anzaldi, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Un mondo meno complicato

Come sarebbe bello vivere in una società dove ognuno, indipendentemente dall’essere
uomo o donna, può fare il lavoro che più gli piace, quello che gli dà più soddisfazione,
che lo diverte, senza sentirlo solo con un dovere ma anche come un passatempo.
A mio avviso ne deriverebbero molteplici vantaggi: innanzitutto ognuno
sarebbe più felice, più di buon umore, affronterebbe la vita compiuta con più
leggerezza e ottimismo; si soffrirebbe meno di ansia e forse anche la depressione non
esisterebbe.
Penso che sarebbe anche più facile integrarsi, si avrebbe modo di confrontarsi alla pari
e nessuno si sentirebbe inferiore ad un altro o essere ridicolizzati se si svolge un lavoro
considerato prettamente maschile o femminile.
Immagino un mondo meno complicato, dove non si viene giudicati solamente per dei
pregiudizi, dove non esistono le prese in giro e anche dove sarà “normale” se portando
la macchina dal meccanico sarà una donna a farti il lavoro e a riconsegnartela come
nuova o andando a casa del tuo amico trovare il papà alle prese con i fornelli, il bucato
e l’aspirapolvere. (Chi l’ha detto che il lavoro casalingo è solamente femminile?)

A cura di Samuele Bruno, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Fra vent’anni

Oggi viviamo in un mondo con molti pregiudizi e stereotipi, i pregiudizi fanno si che persone vengano giudicate prima che siano conosciute, spesso in modo negativo.
Simili sono gli stereotipi: anche loro ci fanno apparire il mondo più aspro e cattivo.
I pregiudizi e le discriminazioni tra uomo e donna sono molti, ad esempio: gli uomini vengono pagati più delle donne, fanno più carriera…
Fra vent’anni ci aspettiamo che si raggiunga la parità fra uomo e donna.
Per vivere in armonia con gli altri bisognerebbe non giudicare le persone dal loro aspetto fisico o da come si comportano e non essere influenzati dai pensieri altrui.

A cura di Francesca, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna