Raul è ancora vivo

Firenze, ragazzino albanese di appena 15 anni, ieri nel tardo pomeriggio stava tornando a casa da un corso pomeridiano a scuola, quando è stato aggredito da una baby gang di 5 persone tra 25 e 30 anni.
Raul è un ragazzo solare, fragile, il figlio che tutte le madri vorrebbero spiega sua mamma. Raul era passato a prendere la carne per la cena, era appena uscito dal negozio quando cinque persone gli sono saltate addosso.
Hanno iniziato a picchiarlo, a buttarlo a terra e a calciarlo fino a quando hanno visto che lui non rispondeva più, non dava più cenni di vita e lo hanno lasciato li per terra, solo. Quando la gang è andata via è arrivata la gente che aveva assistito alla scena per soccorrerlo. Raul è stato portato con urgenza all’ospedale, ha subito un trauma cranico e adesso è in coma. La mamma parla al presente perché dice che Raul è ancora vivo, pieno di speranze.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi

Al giorno d’oggi non ce ne rendiamo neanche conto, ma la nostra vita è piena di stereotipi e di pregiudizi. Ma cosa sono veramente queste cose?
Uno stereotipo è qualsiasi opinione acquisita sulla base di un’esperienza diretta o che prescinde dalla valutazione dei singoli casi mentre un pregiudizio è un’opinione preconcetta, capace di fare assumere atteggiamenti ingiusti.
Immaginare il mondo tra venti anni, senza stereotipi e senza pregiudizi è alquanto difficile visto che, al giorno d’oggi ce ne sono tantissimi sia da parte degli uomini che da parte delle donne. Per certi aspetti sarebbe un mondo positivo, i capitoli razzismo e discriminazione sarebbero chiusi.
D’altro lato saremmo portati a fidarci degli altri, di persone che non conosciamo e che potrebbero prenderci in giro.
Possiamo capire i tratti della personalità di una persona da come si veste o come si presenta, ma senza pregiudizi non riusciremo a farci un’idea esatta della persona davanti a noi. Un mondo senza pregiudizi e senza stereotipi sarebbe bello ma strano. Ogni città sarebbe piena di etnie diverse, gente che andrebbe d’accordo con tutti…Insomma un mondo quasi perfetto.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Chiedere aiuto

Qualche anno fa, quando ero ancora alle elementari, mi è successo di vedere un atto di discriminazione: era una giornata di primavera quando durante una ricreazione un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato a questo bambino di colore. Hanno iniziato a spingerlo e ad insultarlo, dicendogli che lui non era all’altezza di stare in quella scuola, visto che era di colore, e che se ne doveva tornare al suo paese. Lui iniziò ad essere sempre più triste tenendosi tutto dentro senza dire a nessuno cosa stesse succedendo; perciò, il gruppetto di ragazzi, iniziò ad approfittarsi di lui, tanto non avrebbe detto nulla né agli insegnanti né ai suoi genitori. Un pomeriggio un altro bambino si avvicinò al bambino di colore e vedendolo così triste gli chiese cosa avesse. Lui non gli rispose subito ma dopo qualche secondo gli parlò dicendogli cosa stesse succedendo; sentite queste parole il bambino lo incitò ad andare a parlare con un adulto, così lui lo fece. Detto a dei maggiorenni decisero di denunciare i ragazzi che chiesero scusa al bambino.

A cura di Francesca Baldi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi e Stereotipi

Ai giorni nostri, purtroppo, ci sono troppi stereotipi e pregiudizi che possono essere di tre tipi: quello razziale, basato sulle diversità tra le persone bianche e quelle di colore, ma non solo, perché negli Stati Uniti i privilegi e i diritti legali o sociali vennero dati ai bianchi Americani e invece negati ai nativi Americani (popoli nati in America prima della colonizzazione: i Pelle Rossa). Un’altra forma di pregiudizio razziale è l’antisemitismo, cioè una persecuzione verso l’Ebraismo svolta da una o più persone, causata da un preconcetto storico-religioso.
Il secondo tipo di pregiudizio è l’androcentrico, basato sulla superiorità dell’uomo rispetto alla donna visto che essa, in passato, era soggetta a non avere un lavoro o diritto al voto; mentre l’ultimo è quello etnocentrico, basato sul giudicare altre culture secondo la propria cultura di appartenenza.
Secondo me tra 20 anni queste fissazioni di alcune persone svaniranno e vedremo tutti aiutarsi a vicenda, ma questo avverrà soltanto quando i razzisti smetteranno di esserlo e capiranno che siamo tutti uguali e che non è il colore della pelle a renderci diversi. A volte, però, questo avviene a causa di un’idea sbagliata dei genitori che insegnano ai figli, come per esempio “se non dormi chiamo l’uomo nero”, di conseguenza i bambini cresceranno con la paura di stare vicini o avvicinarsi ad una persona di colore.

A cura di un allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Le chiavi e la posta

Sono stremato dal peso dello zaino quando arrivo davanti al cancello ma le chiavi sono nella tasca più profonda dei pantaloni; faccio uno sforzo enorme per prenderle e, quando porto a termine la mia impresa, mi accorgo che il cancello era aperto.

Colmo di rabbia, oltrepasso il portone e subito noto che nella bacheca è appeso il solito mazzo di chiavi che nessuno si prende mai la briga di portare via, mi viene voglia di buttarle nel piccolo cestino vicino all’ascensore ma resisto a questa malvagia tentazione. Subito dopo il mio sguardo si sposta sulle buchette della posta, sono tutte piene di riviste, giornali e bollette.

Poi noto che solo la nostra è priva di quelle scartoffie, allora preso dall’impulso di fare un dispetto afferro tutti quei pezzi di carta inutili e li metto in altre buchette scombinando tutto il lavoro del postino e dei ragazzi che distribuiscono materiale pubblicitario.

Orgoglioso dell’atto che avevo appena compiuto, salgo le scale in tutta fretta ma, sulla soglia di casa, noto di aver commesso un errore madornale: avevo di nuovo riposto le chiavi nella tasca profonda dei pantaloni!

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”
Flavio Frattaruolo III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

Come una cuccia

Casa mia
Quando si entra dalla porta, a destra c’è la cucina con un tavolo al centro, la stanza è piccola ma c’è tutto l’essenziale. A sinistra c’è il corridoio e dritto davanti c’è il salotto con un terrazzo.

Il tappeto del salotto puzza di pipì di cane. Il corridoio ha una porta sulla destra, aprendola si entra nella camera da letto di mia sorella, che ha un arredamento che personalmente a me non piace: è tutto arancione.

Proseguendo a sinistra lungo il corridoio c’è un mobile con tanti libri. Ancora più avanti, a destra, c’è la mia stanza da letto, di fronte alla quale c’è un bagno che di solito usiamo io e mia sorella perché i miei genitori hanno una camera con un piccolo bagno tutto loro.

La casa è sempre piena di odori, che siano buoni o cattivi, per esempio profumo di ragù o puzza di pipì di cane. La cosa più presente in tutto l’appartamento sono le cucce: il nostro cane ne ha una in ogni stanza.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Luca Diolaiti III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

Calimero e il terremoto

Arrivata nel mio condominio devo salire quattro piani di scale a piedi perché non c’è l’ascensore e, arrivata in cima, ho il fiatone come sempre.

Fuori dalla porta del mio appartamento c’è un adesivo ironico
con scritto “attenti al gatto”. Appena entro, Calimero, il mio gatto, mi viene incontro e si struscia sulle mie gambe per salutarmi.

Quando alzo la testa vedo un lungo corridoio arancione con un dipinto, fatto da mio zio, appeso alla parete; si sente un leggero odore di chiuso.
La prima porta a destra è della camera dei miei genitori con le pareti dipinte di blu. Entrandovi vedo mio padre che schiaccia un pisolino sul letto, dopo essere tornato dal lavoro.

Più avanti, sempre sulla destra, c’è il bagno, lungo e stretto, con mattonelle grigio-mare e lucide. Calimero arriva, si fionda nella vasca e inizia a miagolare perché vuole che gli apra l’acqua per bere. Ancora avanti sulla destra c’è un grande salotto collegato alla cucina, un po’ stretta: entrambe le stanze sono dipinte di arancione.

Mi sporgo e noto mia mamma che cucina la cena. In fondo al corridoio c’è lo sgabuzzino dove teniamo le scorte del cibo e vari oggetti. In fondo al corridoio sulla sinistra c’è la camera, mia e di mia sorella, con le pareti viola, molto larga ma occupata quasi tutta da un armadio bianco ad ante scorrevoli.
Quando entro sembra vuota ma, poco dopo, noto mia sorella sul suo letto che gioca con il tablet.
Dalla mia camera si sente quasi sempre il rumore dei vicini che urlano o giocano ai videogiochi con gli amici. Oggi sono più rumorosi del solito. Mi piacerebbe avere una casa meno colorata e più moderna, ma è comunque molto confortevole e va bene anche così! Mi sdraio sul letto e inizio
a guardare il telefono, poi tutto comincia a tremare: è un forte terremoto che sta colpendo tutta Bologna, compresa la mia casa.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Sofia Valentini III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

UNA CASA PERFETTA PER FARE TUTTO QUELLO CHE SI VUOLE INSIEME ALLE PERSONE CHE AMI

In via Stalingrado, proprio davanti ad un grande supermercato, si trova un grande palazzo di colore arancione scuro. In questo condominio si trova la mia casa. Per entrare devo aprire il portone, che si schiude con un giro di chiave e tirando leggermente la maniglia verso di me.

Entrata, prendo l’ascensore di colore rosso scuro, all’interno è tutto colorato di giallo banana, a parte i manici per appoggiarsi che sono blu argenteo. Dentro l’ascensore c’è uno specchio abbastanza grande dove di solito mi guardo per sistemarmi i capelli o mettermi il lucidalabbra, ma devo fare in fretta perché il tempo che mi occorre per arrivare al piano desiderato è poco. Per salire e scendere ai piani si possono usare le scale, che vanno bene per per chi è molto sportivo, invece, per chi è sfaticato come me, per fortuna esiste l’ascensore.

Arrivata al piano del mio appartamento entro in casa e apro la porta facendo fare tre giri alla chiave. Ogni volta, entrata in casa, sento l’odore di cibo preparato dai miei genitori, così mi fiondo subito in cucina e lì rimango per tutto il resto della giornata, prima seduta a tavola a mangiare e poi sdraiata davanti alla tv a guardare kdrama o ascolatare musica kpop.

Non è un caso se la mia camera, tutta di colore bianco, è tappezzata di poster dei miei gruppi kpop preferiti.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Angela Delos Reyes III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

 

Un Condominio Sperduto in Via Bentivogli

In Via Bentivogli si trova un condominio coperto per la maggior parte da alberi che d’estate sono meravigliosi ma d’inverno sono tutti rinsecchiti.
Il muro esterno del palazzo è ruvido come la carta vetrata ed è di un bianco panna.
Il portone vecchio scricchiola e si apre a fatica. Davanti al portone c’è un parcheggio che puzza di benzina.
Se non si hanno le chiavi bisogna suonare il campanello che fa un rumore assordante.
Quando si entra, a destra si hanno le buchette della posta su cui una volta ricordo di aver sbattuto la testa, che male!
L’odore di ragù che sale nelle narici è buonissimo. L’ascensore vecchio e claustrofobico puzza terribilmente di fumo ed è tutto graffiato. Ha dei pulsanti enormi che si illuminano quando pigiati.
Se l’ascensore è occupato, cosa molto frequente, devo prendere le scale. Grazie al cielo abito solo al secondo piano!
Quando si salgono le scale si sente tutto quello che fanno i vicini: la sera, quelli sotto di noi guardano “Reazione a Catena” ad un volume spropositato e di domenica, quando gioca il Bologna, cantano i cori a squarciagola.
Si arriva al secondo piano dove la vista del muro rovinato precede la porta decorata con una bella ghirlanda natalizia.
Il portone, difettoso, ha bisogno di essere tirato mentre si gira le chiave, per poterlo aprire.
Appena torno a casa ad accogliermi c’è mia sorella che è sempre al telefono col suo ragazzo.
“AAMOREEEEE” ed io puntualmente chiudo la porta della cucina per poter mangiare in santa pace.
La mia giornata si alterna fra le urla di mia sorella, i compiti e gli urli dei vicini. E si stupiscono se poi mi arrabbio facilmente.
Quando torna papà devo aver già finito i compiti e, verso le sette, mi metto ad apparecchiare.
La cena è sempre così: io e papà che raccontiamo la nostra giornata e mia sorella al telefono a guardare Instagram.
Prima di andare a dormire preparo lo zaino e, finalmente, mi infilo sotto le lenzuola pulite e metto fine a questa sfiancante giornata.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Federica Tassi III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

CASA MIA

Appena entro sento un buon profumo di lavanda e il calore dei termosifoni accesi che mi riscalda.

Davanti alla porta d’ingresso c’è la sala da pranzo con la TV, il divano e un grande tavolo di vetro; a destra, invece, c’è la cucina, che è molto piccola.

Alla mia sinistra c’è un corridoio stretto con davanti il bagno, a destra camera mia e di mio fratello, a sinistra la camera dei miei genitori.

In ogni stanza c’è, come minimo, una grande finestra con i vetri molto doppi che attutiscono i rumori. Nonostante ciò, spesso la notte si sente un cane che abbaia, probabilmente perché viene lasciato solo, e quindi ogni tanto faccio fatica a dormire.
I nostri vicini lavorano in edicola e spesso vengono a trovarci per regalare qualche rivista a me e a mio fratello.

Ultimamente, mi sono accorta che durante i giorni festivi, quando invitiamo i nostri parenti a casa, l’ambiente si modifica: decoriamo tutta casa, apparecchiamo la tavola elegantemente e puliamo praticamente ovunque! Quasi non sembra più casa nostra!
La mia è una casa piccolina, ma per me è molto accogliente e confortevole.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Elena Quiros III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale