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Josè

Josè è un ragazzo brasiliano di quindici anni, non tanto alto, magro e con i capelli marroni.
Josè è da poco arrivato in Italia ed è appena entrato nella nuova scuola.
In classe ha pochi amici e lui non si sente bene e a suo agio ma soprattutto, si sente messo in disparte. Infatti non parla ancora bene l’italiano, è più basso della media dei ragazzi della sua età e ha la pelle più scura, così si sente diverso da loro o meglio sono loro a farlo sentire così.
Un giorno tornando a casa da scuola in autobus riceve una chiamata da uno dei suoi pochi amici, che gli chiede se vuole uscire con lui e il suo gruppo.
Josè tutto contento accetta.
Una volta che Josè finisce i compiti esce e raggiunge i sui amici in centro.
Dopo aver trascorso un bel pomeriggio scherzando e giocando tra loro, il gruppo di amici si mette sulla via del ritorno verso casa.
Più o meno a metà strada i ragazzi sono bloccati da un gruppo di bulletti che prendono di mira Josè picchiandolo e insultandolo per il colore della sua pelle.
Josè chiede aiuto ai suoi amici, che però sono già scappati per la paura invece di aiutarlo come sarebbe giusto e lui si sente molto solo.
Per fortuna Josè non è ferito gravemente e l’arrivo di alcuni passanti mette in fuga i bulli.
Dopo quell’avvenimento, Josè capisce che non tutte le persone che si presentano in modo amichevole in fondo sono veri amici.
Infatti gli amici vanno scelti bene, ricordandosi che un vero amico in caso di necessità non ti volta le spalle ma ti aiuta sempre.

A cura di Luca Martelli, allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Il razzismo che divide

Come ogni lunedì mattina salii sull’autobus per andare a scuola. Dopo un po’ salì un ragazzo di circa 15 anni. Probabilmente anche lui andava a scuola, e cercò un posto dove sedersi, ma erano tutti occupati. Era libero solo un posto vicino ad un ragazzo di colore.
Il ragazzo di colore educatamente, con il suo italiano non perfetto, disse al ragazzo in piedi: “Se vuoi sederti c’è un poso vicino a me” ma il ragazzo con sguardo imbronciato gli rispose: “Io vicino ad un negro non mi siedo”.
A quel punto il ragazzo di colore scese alla prima fermata, con il volto triste, che cercava di nascondere con la sciarpa che aveva al collo.
Io avevo sentito parlare di razzismo, ma non immaginavo di poter assistere a questa scena.
Episodi come questo purtroppo possono succedere e avere anche conseguenze più gravi, se il ragazzo di colore avesse reagito poteva verificarsi una rissa.
Da quanto accaduto ho capito che il razzismo divide le persone, e il mondo invece ha bisogno che le persone siano unite per convivere.

A cura di Francesca Baldi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Raul è ancora vivo

Firenze, ragazzino albanese di appena 15 anni, ieri nel tardo pomeriggio stava tornando a casa da un corso pomeridiano a scuola, quando è stato aggredito da una baby gang di 5 persone tra 25 e 30 anni.
Raul è un ragazzo solare, fragile, il figlio che tutte le madri vorrebbero spiega sua mamma. Raul era passato a prendere la carne per la cena, era appena uscito dal negozio quando cinque persone gli sono saltate addosso.
Hanno iniziato a picchiarlo, a buttarlo a terra e a calciarlo fino a quando hanno visto che lui non rispondeva più, non dava più cenni di vita e lo hanno lasciato li per terra, solo. Quando la gang è andata via è arrivata la gente che aveva assistito alla scena per soccorrerlo. Raul è stato portato con urgenza all’ospedale, ha subito un trauma cranico e adesso è in coma. La mamma parla al presente perché dice che Raul è ancora vivo, pieno di speranze.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi

Al giorno d’oggi non ce ne rendiamo neanche conto, ma la nostra vita è piena di stereotipi e di pregiudizi. Ma cosa sono veramente queste cose?
Uno stereotipo è qualsiasi opinione acquisita sulla base di un’esperienza diretta o che prescinde dalla valutazione dei singoli casi mentre un pregiudizio è un’opinione preconcetta, capace di fare assumere atteggiamenti ingiusti.
Immaginare il mondo tra venti anni, senza stereotipi e senza pregiudizi è alquanto difficile visto che, al giorno d’oggi ce ne sono tantissimi sia da parte degli uomini che da parte delle donne. Per certi aspetti sarebbe un mondo positivo, i capitoli razzismo e discriminazione sarebbero chiusi.
D’altro lato saremmo portati a fidarci degli altri, di persone che non conosciamo e che potrebbero prenderci in giro.
Possiamo capire i tratti della personalità di una persona da come si veste o come si presenta, ma senza pregiudizi non riusciremo a farci un’idea esatta della persona davanti a noi. Un mondo senza pregiudizi e senza stereotipi sarebbe bello ma strano. Ogni città sarebbe piena di etnie diverse, gente che andrebbe d’accordo con tutti…Insomma un mondo quasi perfetto.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Chiedere aiuto

Qualche anno fa, quando ero ancora alle elementari, mi è successo di vedere un atto di discriminazione: era una giornata di primavera quando durante una ricreazione un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato a questo bambino di colore. Hanno iniziato a spingerlo e ad insultarlo, dicendogli che lui non era all’altezza di stare in quella scuola, visto che era di colore, e che se ne doveva tornare al suo paese. Lui iniziò ad essere sempre più triste tenendosi tutto dentro senza dire a nessuno cosa stesse succedendo; perciò, il gruppetto di ragazzi, iniziò ad approfittarsi di lui, tanto non avrebbe detto nulla né agli insegnanti né ai suoi genitori. Un pomeriggio un altro bambino si avvicinò al bambino di colore e vedendolo così triste gli chiese cosa avesse. Lui non gli rispose subito ma dopo qualche secondo gli parlò dicendogli cosa stesse succedendo; sentite queste parole il bambino lo incitò ad andare a parlare con un adulto, così lui lo fece. Detto a dei maggiorenni decisero di denunciare i ragazzi che chiesero scusa al bambino.

A cura di Francesca Baldi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi e Stereotipi

Ai giorni nostri, purtroppo, ci sono troppi stereotipi e pregiudizi che possono essere di tre tipi: quello razziale, basato sulle diversità tra le persone bianche e quelle di colore, ma non solo, perché negli Stati Uniti i privilegi e i diritti legali o sociali vennero dati ai bianchi Americani e invece negati ai nativi Americani (popoli nati in America prima della colonizzazione: i Pelle Rossa). Un’altra forma di pregiudizio razziale è l’antisemitismo, cioè una persecuzione verso l’Ebraismo svolta da una o più persone, causata da un preconcetto storico-religioso.
Il secondo tipo di pregiudizio è l’androcentrico, basato sulla superiorità dell’uomo rispetto alla donna visto che essa, in passato, era soggetta a non avere un lavoro o diritto al voto; mentre l’ultimo è quello etnocentrico, basato sul giudicare altre culture secondo la propria cultura di appartenenza.
Secondo me tra 20 anni queste fissazioni di alcune persone svaniranno e vedremo tutti aiutarsi a vicenda, ma questo avverrà soltanto quando i razzisti smetteranno di esserlo e capiranno che siamo tutti uguali e che non è il colore della pelle a renderci diversi. A volte, però, questo avviene a causa di un’idea sbagliata dei genitori che insegnano ai figli, come per esempio “se non dormi chiamo l’uomo nero”, di conseguenza i bambini cresceranno con la paura di stare vicini o avvicinarsi ad una persona di colore.

A cura di un allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Le chiavi e la posta

Sono stremato dal peso dello zaino quando arrivo davanti al cancello ma le chiavi sono nella tasca più profonda dei pantaloni; faccio uno sforzo enorme per prenderle e, quando porto a termine la mia impresa, mi accorgo che il cancello era aperto.

Colmo di rabbia, oltrepasso il portone e subito noto che nella bacheca è appeso il solito mazzo di chiavi che nessuno si prende mai la briga di portare via, mi viene voglia di buttarle nel piccolo cestino vicino all’ascensore ma resisto a questa malvagia tentazione. Subito dopo il mio sguardo si sposta sulle buchette della posta, sono tutte piene di riviste, giornali e bollette.

Poi noto che solo la nostra è priva di quelle scartoffie, allora preso dall’impulso di fare un dispetto afferro tutti quei pezzi di carta inutili e li metto in altre buchette scombinando tutto il lavoro del postino e dei ragazzi che distribuiscono materiale pubblicitario.

Orgoglioso dell’atto che avevo appena compiuto, salgo le scale in tutta fretta ma, sulla soglia di casa, noto di aver commesso un errore madornale: avevo di nuovo riposto le chiavi nella tasca profonda dei pantaloni!

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”
Flavio Frattaruolo III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

Come una cuccia

Casa mia
Quando si entra dalla porta, a destra c’è la cucina con un tavolo al centro, la stanza è piccola ma c’è tutto l’essenziale. A sinistra c’è il corridoio e dritto davanti c’è il salotto con un terrazzo.

Il tappeto del salotto puzza di pipì di cane. Il corridoio ha una porta sulla destra, aprendola si entra nella camera da letto di mia sorella, che ha un arredamento che personalmente a me non piace: è tutto arancione.

Proseguendo a sinistra lungo il corridoio c’è un mobile con tanti libri. Ancora più avanti, a destra, c’è la mia stanza da letto, di fronte alla quale c’è un bagno che di solito usiamo io e mia sorella perché i miei genitori hanno una camera con un piccolo bagno tutto loro.

La casa è sempre piena di odori, che siano buoni o cattivi, per esempio profumo di ragù o puzza di pipì di cane. La cosa più presente in tutto l’appartamento sono le cucce: il nostro cane ne ha una in ogni stanza.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Luca Diolaiti III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

Calimero e il terremoto

Arrivata nel mio condominio devo salire quattro piani di scale a piedi perché non c’è l’ascensore e, arrivata in cima, ho il fiatone come sempre.

Fuori dalla porta del mio appartamento c’è un adesivo ironico
con scritto “attenti al gatto”. Appena entro, Calimero, il mio gatto, mi viene incontro e si struscia sulle mie gambe per salutarmi.

Quando alzo la testa vedo un lungo corridoio arancione con un dipinto, fatto da mio zio, appeso alla parete; si sente un leggero odore di chiuso.
La prima porta a destra è della camera dei miei genitori con le pareti dipinte di blu. Entrandovi vedo mio padre che schiaccia un pisolino sul letto, dopo essere tornato dal lavoro.

Più avanti, sempre sulla destra, c’è il bagno, lungo e stretto, con mattonelle grigio-mare e lucide. Calimero arriva, si fionda nella vasca e inizia a miagolare perché vuole che gli apra l’acqua per bere. Ancora avanti sulla destra c’è un grande salotto collegato alla cucina, un po’ stretta: entrambe le stanze sono dipinte di arancione.

Mi sporgo e noto mia mamma che cucina la cena. In fondo al corridoio c’è lo sgabuzzino dove teniamo le scorte del cibo e vari oggetti. In fondo al corridoio sulla sinistra c’è la camera, mia e di mia sorella, con le pareti viola, molto larga ma occupata quasi tutta da un armadio bianco ad ante scorrevoli.
Quando entro sembra vuota ma, poco dopo, noto mia sorella sul suo letto che gioca con il tablet.
Dalla mia camera si sente quasi sempre il rumore dei vicini che urlano o giocano ai videogiochi con gli amici. Oggi sono più rumorosi del solito. Mi piacerebbe avere una casa meno colorata e più moderna, ma è comunque molto confortevole e va bene anche così! Mi sdraio sul letto e inizio
a guardare il telefono, poi tutto comincia a tremare: è un forte terremoto che sta colpendo tutta Bologna, compresa la mia casa.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Sofia Valentini III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale

UNA CASA PERFETTA PER FARE TUTTO QUELLO CHE SI VUOLE INSIEME ALLE PERSONE CHE AMI

In via Stalingrado, proprio davanti ad un grande supermercato, si trova un grande palazzo di colore arancione scuro. In questo condominio si trova la mia casa. Per entrare devo aprire il portone, che si schiude con un giro di chiave e tirando leggermente la maniglia verso di me.

Entrata, prendo l’ascensore di colore rosso scuro, all’interno è tutto colorato di giallo banana, a parte i manici per appoggiarsi che sono blu argenteo. Dentro l’ascensore c’è uno specchio abbastanza grande dove di solito mi guardo per sistemarmi i capelli o mettermi il lucidalabbra, ma devo fare in fretta perché il tempo che mi occorre per arrivare al piano desiderato è poco. Per salire e scendere ai piani si possono usare le scale, che vanno bene per per chi è molto sportivo, invece, per chi è sfaticato come me, per fortuna esiste l’ascensore.

Arrivata al piano del mio appartamento entro in casa e apro la porta facendo fare tre giri alla chiave. Ogni volta, entrata in casa, sento l’odore di cibo preparato dai miei genitori, così mi fiondo subito in cucina e lì rimango per tutto il resto della giornata, prima seduta a tavola a mangiare e poi sdraiata davanti alla tv a guardare kdrama o ascolatare musica kpop.

Non è un caso se la mia camera, tutta di colore bianco, è tappezzata di poster dei miei gruppi kpop preferiti.

“Esercitazioni di storytelling sul tema “La mia casa”

Angela Delos Reyes III D Scuola Secondaria di I grado “F. Besta” per progetto “Gandusio Comunità responsabile” sostenuto dal Quartiere San Donato San Vitale con Bando LFA 2018 Coesione Sociale